Il mondo nuovo
Il mondo nuovo di Aldous Huxley, romanzo distopico scritto nel lontanissimo 1932, è una lettura con molti spunti di riflessione sull’uomo, il suo destino, il ruolo della tecnologia e le libertà personali. In questo 2020 che ci ha scossi tutti nel profondo, e messo in discussione molti valori e punti di riferimento, è una lettura che senz’altro consiglio.
Il romanzo è ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro in cui tutta la vita è pianificata in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificato in nome del progresso. I cittadini di questa società non sono oppressi né da guerre né da malattie ed hanno libero accesso ad ogni piacere materiale. Per mantenere questo equilibrio, però, vengono concepiti e “prodotti” industrialmente in provetta, sotto il rigido controllo di ingegneri genetici. Durante l’infanzia vengono “condizionati” con droghe e tecnologie, in modo da diventare degli adulti con “ruoli” sociali stabiliti, a secondo del livello di nascita. Tutto è predeterminato in questa società “perfetta”, dove però non c’è spazio per emozioni o sentimenti. Gli abitanti rinunciano a ogni manifestazione della propria individualità: devono solo produrre e consumare, rinunciando soprattutto ad amare e ad essere unici.
La vita di Circe è, fin dall’inizio, in un’oscillazione costante tra il divino e l’umano, da cui è così fortemente attratta. La sua natura è divina, ma Circe non si riconosce e non si sente a suo agio nel fulgido mondo immortale, dorato ma futile, litigioso e crudele, cui appartiene per nascita ma in cui è di fatto un’emarginata. E lo capiamo fin da subito come Circe sia diversa: dalla pietà che prova verso il condannato Prometeo, o dall’amore che nutre a prima vista per Glauco, umile pescatore.
Questo equilibrio si spezza però quando John, un giovane cresciuto in una società più “primitiva”, entra in contatto con questa società “perfetta”. La sua ribellione contro questa perfezione non ha ahimè fortuna: è la triste e dolorosa sconfitta del singolo a vantaggio del numero, della “massa”…
È un romanzo visionario e allo stesso tempo premonitore, quasi profetico, sul destino dell’umanità e su quale forze siano necessarie per cambiarlo. Mai come in questo momento storico abbiamo bisogno di cambiamento: di prospettiva, prima di tutto, per riappropriarci del nostro futuro.