circe di madeline miller
circe di madeline miller

Circe

La Circe che ci presenta Madeline Miller in questo romanzo è molto diversa dalla maga mangiatrice di uomini raccontata da Omero nell’Odissea o dal ritratto noir, feroce e implacabile che ne fanno molti autori classici, da Virgilio a Ovidio. La Miller rende la storia di Circe una narrazione molto più intima, psicologicamente più profonda, un viaggio di ricerca interiore e indipendenza soprattutto emotiva, tema così tremendamente attuale. Una versione che rivisita pesantemente il mito, ma che ne dà una lettura molto affascinante, moderna, che molto concede alla vivida fantasia dell’autrice ma che poggia anche su una solida conoscenza del mondo antico e dello spirito greco classico.

Le parole finali di Circe sono anche la “linea guida” di tutto il romanzo. La sua voce umana la rende “diversa” fin dalla nascita dagli dèi suoi simili, estranea perfino ai genitori – Elios, dio del sole, e la ninfa Perseide – e ai fratelli, una famiglia con la quale il rapporto rimane sempre distante e conflittuale. 

La vita di Circe è, fin dall’inizio, in un’oscillazione costante tra il divino e l’umano, da cui è così fortemente attratta. La sua natura è divina, ma Circe non si riconosce e non si sente a suo agio nel fulgido mondo immortale, dorato ma futile, litigioso e crudele, cui appartiene per nascita ma in cui è di fatto un’emarginata. E lo capiamo fin da subito come Circe sia diversa: dalla pietà che prova verso il condannato Prometeo, o dall’amore che nutre a prima vista per Glauco, umile pescatore.

Circe è soprattutto una donna di grandi passioni, senza mezze misure: amicizia, amore, rabbia, paura, rivalità, nostalgia dominano la sua esistenza nel bene e nel male, e la accompagnano nelle sue esperienze e negli incontri decisivi della sua vita: con Prometeo, Dedalo, Scilla, Medea, Odisseo, Penelope, Telemaco. Se ricorre alle arti magiche o alla violenza, non è mai per pura vendetta o crudele ritorsione. E con il tempo imparerà a incanalare e trasformare le sue passioni e i suoi slanci, in una metamorfosi intima molto potente.

Esiliata sull’isola di Eea, Circe impara a conoscere la terra, ad addomesticare le bestie selvatiche e a bastare a se stessa. Studia le proprietà delle piante e perfeziona la sua magia. Scopre la vita e le risorse dell’umanità. E anche se la vita, pur per brevi momenti, la porta lontana dalla sua isola, Eea rimane il centro del suo mondo e del romanzo stesso, anche quando alla fine lei decide di lasciarla. Ad Eea Circe affronta da pari a pari gli dèi che vengono a visitarla o a sfidarla (Ermes prima, Atena poi), ad Eea accoglie gli umani che approdano alle sue spiagge:  da Odisseo a Penelope e Telemaco. Ad Eea si innamora. Da quella prigione senza sbarre, la sua mente viaggia libera nel mondo: i suoi pensieri e i suoi ricordi diventano quasi una narrazione di viaggio, originale e inedita.

E alla fine Circe, non più solo una maga ma anche amante e madre,  dovrà scegliere una volta per tutte da che parte stare: se appartenere al mondo degli dei – «immutabili»,  che «non possono trattenere niente nelle mani»,  a cui appartiene per nascita – oppure a quello degli umani, che ha imparato nel tempo ad amare. E farà la sua scelta coraggiosa: di indipendenza, di amore. Di vita.

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