La canzone di Achille, di Madeline Miller

La canzone di Achille è soprattutto una storia d’amore e d’amicizia, che la vivida fantasia creatrice di Madeline Miller intesse con maestria.

Raccontata in prima persona da Patroclo, la storia rievoca il profondo legame tra lui, principe esiliato alla corte di Ftia, e il giovane Achille, figlio della dea Teti e bellissimo principe di Ftia, il più forte ed abile combattente, destinato a diventare il più grande degli eroi, ma sul quale incombe una terribile profezia, un tragico destino di gloria e morte. Il legame fra i due ragazzi, così fisicamente e caratterialmente diversi eppure così affini, che insieme diventano uomini, diviene ogni giorno più forte. E viene raccontato, pagina dopo pagina, come un amore totalizzante, pieno di tenerezza e passione, con la naturalezza con cui l’omosessualità era riconosciuta e accettata dalla civiltà greca.

Amici prima e amanti poi.  La vicenda narrata è nota: Achille e Patroclo insieme nella lunghissima guerra di Troia, il grande combattente e il suo devoto compagno, innamorato e fedele.

Lo sappiamo fin dall’inizio che là, nella pianura troiana, entrambi sono destinati a concludere la propria vita terrena. Patroclo che muore al posto di Achille e Achille che non vuole più vivere senza Patroclo, straziato dal dolore e dal desiderio di vendetta.  Uniti per sempre, le ceneri raccolte in un’unica urna, posta in una tomba sulla spiaggia. Eppure, grazie all’abilità narrativa della Miller, questa storia vive di vita propria, arricchendosi di mille nuove sfumature che trascendono e trasformano per sempre la vicenda epica conosciuta: diventa una storia nuova.

A fare da cornice sbiadita alla storia d’amore di Patroclo e Achille, così vividamente immaginata dalla Miller, ci sono sì le gesta degli eroi e le note vicende dell’epica classica, che rievocano il mito della guerra di Troia. Ma i duelli, il sangue, la morte, le stragi, la violenza, la crudeltà, l’orrore della guerra – che pure riempiono le pagine di metà libro – quasi si dissolvono di fronte alla potenza dei sentimenti e delle passioni.  Nel libro non ci sono sono più eroi, ma solo uomini, non più invincibili e immortali, ma ricchi delle loro umanità e delle loro debolezze. E su tutto svetta ancora la forza di quell’amore così pieno ed assoluto da sopravvivere all’asprezza e alle contraddizioni feroci della guerra (che rischia più volte di mandarlo in pezzi), alle lusinghe della gloria… e alla morte.

E in questo libro Achille non è più solo il grande eroe: orgoglioso, a tratti irascibile e capriccioso. Attraverso gli occhi e il racconto di Patroclo scopriamo che c’è molto di più oltre al guerriero che si smarrisce «tra le doppiezze di Agamennone e Odisseo, tra le loro menzogne e i loro giochi di potere», capace pure di atti crudeli quando è guidato dal dolore. Scopriamo un ragazzo dal cuore tenero e dall’animo gentile, capace di compassione, dal volto innocente e dolce come un ragazzino, delicato nei gesti, pieno di fiducia negli altri, dispettoso ma senza malizia, sincero, dotato «di una luce fulgida», ricco di una grazia «che era solo sua: semplice, disadorna e magnifica». È  così che Patroclo, entrambi già morti, lo rievoca un’ultima volta davanti alla dea Teti, anch’essa pietrificata dal dolore.

Achille e Patroclo, due anime gemelle. E quando quelle due anime si rincontrano, finalmente, non può essere che luce: «come cento urne d’oro che, aperte, fanno uscire il sole».

Inutile dire quanto il libro mi sia piaciuto.

Share:
  • 1102

Leave a reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *